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Diritto alla disconnessione, cos’è: le regole e la normativa in Italia

Mamma che lavora in smart working

Che cos’è il diritto alla disconnessione? Scopriamo le regole e, soprattutto, cosa dice e a che punto è la normativa in Italia.

Se ne parlava già prima della pandemia, ma con l’avvento del Covid-19 il diritto alla disconnessione è diventato un argomento quotidiano. Vediamo cos’è, quali sono le regole, perché è importante per tutti i lavoratori e, dulcis in fundo, a che punto è la normativa in Italia.

Diritto alla disconnessione: cos’è e perché è importante

Con l’esplosione della pandemia da Covid-19 moltissimi lavoratori si sono ritrovati a scoprire lo smart working. Il cosiddetto lavoro agile ha consentito a milioni di persone di portare avanti i propri doveri professionali da casa, ma sono stati costretti a stravolgere quasi in toto la routine quotidiana, non solo lavorativa ma anche personale. E’ così che la vita privata ha quasi cessato di esistere e gli orari di lavoro hanno preso il sopravvento. Per arginare questa situazione è tornato in auge il diritto alla disconnessione, di cui si parlava già nella legge 81 del 2017. In soldoni, questa norma stabilisce che quanti lavorano da casa abbiano la possibilità di “staccare” al termine dell’orario lavorativo.

Pertanto, nonostante lo smart working non preveda un vincolo di orario, il datore di lavoro deve garantire al dipendente la possibilità di disconnettersi. Questo significa che, al termine del proprio turno, non deve essere obbligato a rispondere al telefono e alle email. Il diritto alla disconnessione e lo smart working, quindi, non possono esistere l’uno senza l’altro. Ne va della salute, fisica e psichica del lavoratore. Per tutti, infatti, è necessario dividere la vita privata da quella lavorativa e non vivere h24 connesso con i propri doveri.

Diritto alla disconnessione in Italia: a che punto è la normativa

Il primo Paese ad occuparsi del diritto alla disconnessione è stata la Francia, con la legge sul lavoro del 2016. In Italia, come già sottolineato, si è arrivati ad una prima normativa nel 2017. Questa, però, non risolveva il problema, in quanto parlava di un fumoso “accordo tra le parti” per definire “tempi di riposo, nonché misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche“. Con l’avvento della pandemia, il Garante della Privacy ha riportato in auge il diritto alla disconnessione, chiedendo una norma ad hoc.

Il decreto numero 30 del 13 marzo 2021, convertito in legge il seguente mese di maggio, ha finalmente parlato di “diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche“, per “per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore“. Ad oggi, quindi, i dipendenti possono non rispondere al datore fuori dagli orari di lavoro senza avere ripercussioni di alcun tipo. Allo stesso tempo, però, la normativa non vieta al ‘padrone’ di telefonare o inviare email. Infine, il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile, firmato il 7 dicembre 2021, stabilisce che “il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività“.

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ultimo aggiornamento: 21 Febbraio 2022 13:00

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